Comprare la verdura riparando una bicicletta, fare la raccolta differenziata e ricevere biglietti del bus. Si moltiplicano, soprattutto in America Latina, le esperienze di economie senza moneta, basate non sul baratto, ma sullo scambio reciproco di servizi. Con un messaggio: non solo i soldi fan girare il mondo.
Parrebbe il sogno di un nostalgico visionario. Eppure superare l'uso della moneta può essere un enorme passo avanti, perché permette a molte realtà di tornare competitive. Il trucco? Sostituire i soldi con la fiducia e la solidarietà. Molte ong ci stanno lavorando, sviluppando da alcuni anni progetti in America Latina che si basano proprio sulle economie senza denaro.
Nello stato di Oaxaca, in Messico, ad esempio, sotto la spinta dell'ong Promocion desarrollo popular, nel 1994 sono nati i Tianguis Tlaloc, sistemi di scambio locali che sono diventati strumenti per la diminuzione della povertà e hanno convinto il governo centrale a promuoverli in tutto il paese. I servizi sono scambiati usando un'unità chiamata Tlaloc, che rappresenta un'ora di lavoro sociale e corrisponde a 30 pesos (circa 3 euro). Ma si organizzano anche fiere per far incontrare produttori e consumatori, all'insegna di valori culturali ed ecologici, come tradizioni spirituali, arte, musica, salute.
Fuori dal sistema monetario
Nel mondo esistono numerose esperienze di denaro complementare, che hanno avuto una crescita esponenziale negli anni Novanta. Nel '90 c'erano meno di 100 esperienze di questo tipo, oggi se ne possono contare 465, in oltre 4 mila comunità, presenti in 54 paesi nel mondo. Piccoli gruppi di 50 persone in Australia, villaggi di qualche centinaio di persone in Senegal o prefetture di 10 milioni di persone in Giappone. Non si tratta del ritorno a un'economia pre-moderna, ma di concepire lo scambio in una logica non individualistica.
Gli aderenti si scambiano beni senza usare denaro, in un rapporto di reciprocità, possono offrire o chiedere servizi d'ogni tipo, in cambio di un accredito o di un addebito del proprio conto in un'unità di scambio valida solo all'interno del sistema, che ha una dimensione locale. Per stabilire l'esatta correlazione tra la potatura di una siepe e, ad esempio, un servizio di baby-sitting, il più delle volte si utilizza l'unità di tempo come indicatore, oppure si crea una moneta complementare più o
meno legata alla moneta formale.
Gli esempi non mancano. Nel '71 l'architetto Jaime Lerner divenne sindaco di Curitiba, capitale dello Stato brasiliano del Paranà: enormi favelas, dove non c'erano strade in cui potessero passare i camion dei rifiuti e la gente viveva in una sorta di discarica a cielo aperto. La città non aveva risorse per abbattere le baracche e costruire strade più ampie. Lerner, allora, stabilì che chi avesse portato ai centri di raccolta un sacchetto di rifiuti avrebbe ricevuto in cambio un buono, valido
per un biglietto dell'autobus o un sacchetto di frutta e verdura fresca. Il sistema di raccolta differenziata permise il recupero di 11 mila tonnellate di immondizia, scambiate con un milione di biglietti dell'autobus e oltre mille tonnellate di frutta e verdura. Curitiba nel '92 ha vinto il premio delle Nazioni Unite come città più ecologica del mondo.Di necessità virtù
In Venezuela, a causa dell'inflazione e della disoccupazione, che porta le famiglie a spendere gran parte del loro reddito per le necessità di base, è nato il progetto Interser (Intercambio de servicios), una banca che permette scambi multilaterali di servizi senza usare denaro, trasformando anche la disoccupazione in occupazione complementare. L'Interser negli ultimi 20 anni ha permesso di realizzare in Venezuela 188 chilometri di strada pubblica, 107 chilometri di tubature idriche, 62 chilometri di linee elettriche, 1 diga e 3 ponti.
L'Argentina, maltrattata dal Fmi e dai suoi governanti corrotti, è stata protagonista del primo e storico esperimento di massa di economie senza denaro. Dal '95 la Red global del trueque (Rete globale di scambio) è una realtà composta da "club" (che non superano le 200 persone, di solito di reddito medio-basso, spesso senza un lavoro nell'economia formale), interconnessi a livello nazionale. I membri della rete soddisfano le loro necessità materiali, di formazione, ricreative e di salute attraverso lo scambio non monetario. Le monete complementari sono i creditos, che misurano le ore di lavoro contenute nei servizi e nei beni che si scambiano, circolano nella forma di buoni di carta, che prima della crisi finanziaria erano pari a un peso (e dunque anche a un dollaro Usa). Molte piccole comunità cominciarono anche a riscoprire le tradizioni del loro territorio e a staccarsi dal cordone ombelicale degli aiuti statali e internazionali. Non è casuale che nella recente crisi finanziaria ed economica argentina, le province meno colpite siano state quelle in cui si era sperimentato il Red global del trueque. Statistiche ufficiali non sono disponibili ma, benché negli ultimi anni i creditos siano stati colpiti da fenomeni di falsificazione con una conseguente contrazione degli associati, si valuta che all'interno dell'Argentina esistano oltre 7 mila club con oltre di 5 milioni di aderenti.
Reti di scambio locale simili si stanno diffondendo in tutta l'America Latina, in particolare esistono realtà consolidate in Uruguay, Brasile, Cile, Perù, Colombia ed El Salvador.
L'esempio argentino è emblematico, i suoi abitanti si sono riappropriati dell'uso di uno strumento decisivo, affatto neutrale, quale la moneta, piegandola alle comuni necessità. È un granello di sabbia nei meccanismi di un sistema basato sulla riproduzione perenne del debito. Ma in questo granello di sabbia sono presenti migliaia di famiglie sopravvissute a crisi finanziarie, comunità rinsaldate, piccole imprese venute alla luce e persone che hanno ripreso fiducia in se stesse.
Dove si registrano i peggiori fallimenti (globali), spesso si trovano anche le più interessanti risposte (locali).
Economie solidali
Stando alle stime di Michael Albert, autore di L'economia partecipativa, «475 miliardari possiedono più ricchezza di quanta non ne abbia la metà della popolazione mondiale». E viene in mente la battuta di Francis Bacon, quando disse che «i soldi sono come il letame. Se lo spargete in giro fa bene. Se ne fate un mucchio in un posto solo, puzza».
«Il denaro è una delle invenzioni più intelligenti dell'umanità, ma si trascura un problema fondamentale, gli interessi. Che provocano il cancro delle speculazioni, tanto che le persone, ma anche le imprese o gli Stati, non riescono più a restituire nemmeno gli interessi sul prestito ricevuto» ha sottolineato Magrit Kennedy, della Money Network Alliance, al convegno "Le monete locali per l'economia solidale", organizzato a Firenze nel 2004 nell'ambito di "Terra futura". Cosa fare allora? «Occorre creare monete locali, senza interessi - spiega la Kennedy - che possano
riequilibrare la situazione, utilizzando le risorse della regione e facendo circolare liquidità. In questo modo si mantengono stabili le monete nazionali, creando allo stesso tempo una "scialuppa di salvataggio" nell'eventualità di un collasso globale. La moneta locale va intesa quindi come nuova modalità per costruire una ricchezza davvero sostenibile».
«Nel mondo di ieri le banche - spiega Henk Van Herkel, della Fondazione Strohalm - creavano monete in cambio di interesse. Oggi invece, con il passaggio all'euro, il popolo non è più proprietario della moneta circolante. Senza nemmeno troppe discussioni parlamentari, questa proprietà è passata alla Bce. In futuro forse saranno le multinazionali a battere moneta». Da quando la moneta non è più convertibile in oro, la banca centrale dovrebbe accreditare il denaro alla collettività nazionale, perché è questa che ne crea il valore, e invece continua solo a prestarlo, come sottolinea il professor Giacinto Auriti, segretario generale del sindacato antiusura Saus.
Ben diversamente operano le varie esperienze di scambi non monetari. Si possono chiamare monete locali, sociali, comunitarie o complementari, ma sono tutte accomunate da alcune caratteristiche. Sono solidali, perché vengono emesse e stampate per conto di tutti i membri della comunità, nel momento in cui questi ne abbiano necessità.
Circolano tutte in aree geografiche limitate e non competono con il denaro ufficiale, dato che sono utilizzate per gli acquisti locali, mentre la valuta nazionale vale per tutti gli altri acquisti. Inoltre questi sistemi monetari operano legalmente e in alcuni casi, come in Brasile, godono addirittura di appoggio governativo, perché proteggono le economie nazionali dalle politiche di colonizzazione economica delle grandi potenze mondiali.
Esperienze di vita
Nel maggio 1996, Heidemarie Schwermer decide di cambiare radicalmente modo di vivere: regala i suoi mobili, abbandona l'abitazione e lo studio, e disdice l'assicurazione sanitaria.
Ciò di cui ha bisogno per vivere lo ottiene tramite gli scambi della "Centrale dai e prendi" da lei fondata a Dortmund, in Germania.
"Non avere niente ma essere molto": con questo motto Heidemarie sottopone a un esame critico quelli che sono i valori correnti della società del consumo. Dopo tanti anni senza soldi, afferma di essere addirittura più ricca di prima. Concetti come lavoro, tempo libero e vacanze acquistano un significato completamente nuovo e la vita trova una nuova integrità.
L'esperienza raccontata in questo libro non avanza pretese di essere universalmente vincolante ma, in una società profondamente mercificata, rappresenta un modello concreto di speranza.
Di seguito riportiamo l'intervista fatta all'autrice del libro, Heidemarie Schwermer, e pubblicata sul numero di ottobre 2006 di Terra Nuova
Intervista a Heidemarie Schwermer (1942-2016), un’affabile signora che dieci anni fa ha lasciato agi, lavoro e comodità per sperimentare una vita senza denaro, basata sull’ospitalità, lo scambio e la reciprocità.
Alcune settimane fa, vagando tra gli stand della Fiera del Libro di Barcellona, mi sono imbattuta in maniera inaspettata, e per questo ancora più piacevole, nel libro Mi vida sin dinero; una sorta di manuale di sopravvivenza e una critica feroce al capitalismo neoliberale dei giorni nostri, ma soprattutto il libro è il racconto di un’esperienza davvero particolare.
L’autrice Heidemarie Schwermer, è una signora tedesca di 64 anni, che oltre ad aver fondato nel 1994 Gib und Nimm (letteralmente “Dai e Prendi”, n.d.r.), la prima associazione di baratto in Germania, da dieci anni vive deliberatamente “senza soldi”, senza per questo rinunciare al benessere e alle comodità di tutti i giorni.
La “nuova vita” è iniziata nel 1996, quando Heidemarie ha lasciato la sua casa di Dortmund, smesso di fare la psicoterapeuta, cancellato l’assicurazione privata sulla salute e regalato la propria macchina. Ormai sono dieci anni che vive senza soldi, cosa che afferma la fa sentire decisamente "molto più libera e felice" di prima. “Non ho rimorsi e non ho rimpianti”, afferma convinta. Vive in casa di persone, quando queste sono fuori in vacanza, prendendosi in cambio cura degli alloggi; tutto il resto di cui necessita per vivere se lo procura attraverso l’antica arte del baratto.
Ovviamente tutto ciò è stato reso possibile grazie ai numerosi contatti intessuti nel tempo, essenziali per una vita “più libera e più ricca", come la stessa Heidemarie afferma. Anzi, non essendo più “costretta” a lavorare per guadagnarsi da vivere, ha la possibilità di mettere le proprie attitudini personali al servizio degli altri e in questo modo ha arricchito enormemente la qualità e il numero di relazioni è la sua vita.
Non ha niente contro il denaro: le dispiace semplicemente vedere il modo in cui al giorno d’oggi esso viene utilizzato e considerato. “Il denaro - afferma - è ormai qualcosa di più di un semplice valore di scambio, è diventato un modo per definire il valore di ognuno”. Insomma, chi ha tanti soldi viene considerata una persona di valore. E’ anche per contrastare questo modo di pensare che Heidemarie ha iniziato dieci anni “la sua nuova vita”.
Abbiamo rivolto ad Heidemarie Schwermer alcune domande per spiegare meglio il senso della sua esperienza ai nostri lettori.
D: Come funziona l’associazione “Dai e Prendi”?
R: Tutto è fondato sull’idea del baratto e dello scambio, ognuno dichiara che tipo di servizio che è disposto a scambiare secondo le proprie attitudini e capacità : babysitting, informatica, conversazione in lingua straniera o semplicemente una torta fatta in casa. Coloro che aderiscono all’associazione, una volta che hanno fatto la propria offerta, ricevono la lista completa di tutte i servizi messi a disposizione dagli altri membri. Ognuno può telefonare agli altri soci ed effettuare lo scambio secondo la modalità concordata. Il valore dei servizi offerti e di quelli ricevuti non è valutato in denaro, ma semplicemente scambiato. L’idea che mi ha spinto a fondare l’associazione era proprio questa: dimostrare come fare a meno del denaro.
D: Com’è nata questa idea?
R: Avevo saputo che in Canada, dopo il fallimento di una grande industria, gran parte della popolazione di quel villaggio era rimasta senza lavoro, così cominciarono ad aiutarsi l’un l’altro mediante il baratto: “Io ti riparo il tetto, tu mi fai da babysitter per i bambini”. Non avevo mai visto reti simili in Germania, se non le cosiddette “banche del tempo”, e pensai di provare questa strada anche nel mio paese.
D: Da qui dunque l’idea di vivere senza soldi?
R: Sì, già allora pensavo a scambi tra persone non basate sul denaro ma sull’idea del baratto. Così, nel ‘96 decisi di fare l’esperimento di vivere per un anno intero senza soldi. L’esperimento ha funzionato e dopo l’anno di prova ho proseguito. Oggi posso affermare che vivere senza soldi è possibile e per certi versi è molto più “ricco”.
D: Ma come affronta concretamente i mille bisogni quotidiani? Per esempio, dove dorme?
R: Vivo un po’ in una casa, un po’ in un’altra. A volte le persone che vanno in vacanza mi chiedono di prendermi cura dei loro appartamenti. Alla base di questo mio comportamento c’è sempre l’idea di “Dai e Prendi”: l’idea del baratto. E tutto ciò è molto più importante e prezioso dell’avere un mio letto, una casa o un’auto propria. Quello che davvero conta per me è il contatto con la gente.
D: Quindi, la sua è una sorta di filosofia?
R: Alla base del mio comportamento ci sono riflessioni profonde e soprattutto la proposta di un modello per un mondo nuovo. Un mondo in cui non sia il denaro il valore principale e supremo della vita: un mondo senza competizione, in cui il semplice amore tra le persone e il supporto reciproco arrivino ad acquistare una posizione molto più elevata di quella attuale. Valori diversi da quelli di oggi, dove il denaro domina il mondo.
D: Cos’è che dai e ricevi gratis ogni giorno?
R: Ricevo un letto, cose da mangiare, vestiti. Tutto quello di cui ho bisogno per la mia vita quotidiana. In cambio offro il mio supporto e il mio aiuto: offro me stessa. Ogni tanto posso offrire un aiuto per la cura delle case, altre volte offro un aiuto per le loro anime. In generale offro il mio tempo e in questo modo sia io che le persone con le quali mi metto in contatto siamo contenti e soddisfatti di un rapporto simile.
D: Ma non è un modo di vivere molto complicato? Come fa per esempio a viaggiare?
R: Spesso viaggio in treno: le persone che mi invitano da qualche parte, in qualche città , pagano il mio biglietto. Altre volte viaggio in macchina con amici. Di solito vengo ospitata in casa di persone che mi chiamano perchè io vada ad aiutarli in qualche modo. Spesso viaggio anche per parlare a conferenze o per tenere delle lezioni e quindi c’è qualcuno che mi paga il biglietto.
D: Ma non le capita mai di desiderare per esempio di andare al cinema? In questi casi come fa?
R: Penso a chi potrebbe venire al cinema con me e gli offro qualcosa in cambio del prezzo del biglietto.
D: Ma questo non vuol dire dipendere completamente dagli altri?
R: A dire la verità ora mi sento molto più libera di prima. Il denaro spesso separa gli esseri umani invece che unirli. E’ piacevole pagare con il denaro, ma questo alla fine ti isola dal mondo, ti separa dalle altre persone. Quando si usa il denaro non c’è confronto, non c’è dialogo. La mia è una sorta di lotta contro l’anonimato della nostra società , tant’è vero che da quando vivo senza denaro i contatti e le relazioni si sono intensificati.
D: Com’è nata l’idea di scrivere un libro? E che cosa ha fatto dei proventi percepiti con la sua pubblicazione?
R: La casa editrice mi ha chiesto di scrivere un libro dopo una mia partecipazione a un programma televisivo. Alla fine ho devoluto tutto il ricavato delle vendite a persone che ne avevano bisogno.
D: Conosci altre persone che vivono come te, senza soldi?
R: Ci sono alcune persone che vivono senza soldi per scelta, ma in un modo abbastanza diverso dal mio.
D: Sei in contatto con altre associazioni simili alla tua?
R: Ho lasciato Dortmund un po’ di tempo fa, le organizzazioni che promuovono lo scambio e il baratto sono state un punto di partenza: la mia filosofia è ora un’altra. Vivo un’esistenza basata sulla fiducia, cercando di evitare l’odio e i cattivi sentimenti. Penso che un cambiamento in questo senso è molto più auspicabile del vivere senza soldi. In fin dei conti il denaro è solo un simbolo, anche se vivere senza soldi richiede moltissima conoscenza e molta attenzione.
D: Qual è la motivazione profonda che ti ha portato alla scelta di vivere senza soldi?
R: Non mi sento certo una “missionaria”. Cerco solamente di occuparmi di cose che penso siano utili anche per altre persone. Ma non sogno che tutti facciano come me: ognuno deve trovare la propria strada. Mi interessa sviluppare progetti, dove il dare e il ricevere siano in equilibrio, in modo che tutti ne possano trarre vantaggio. Il mio obiettivo è che le persone non si sentano più vittime, ma vincitrici e che possano agire in maniera ottimista, determinata e soprattutto che acquistino fiducia in se stesse.
Vivere senza soldi, la storia di Mark Boyle
31 anni e nemmeno un soldo in tasca. Una condizione comune di questi tempi. Eppure c’è qualcosa che distingue Mark Boyle da quella moltitudine di giovani che si ritrovano tristemente al verde: questo ragazzo inglese ha volontariamente deciso, nel novembre del 2008, di escludere il denaro dalla propria esistenza.
Tutto è iniziato in un pub: "Il mio amico ed io stavamo parlando di tutti i problemi del mondo - ricorda Boyle - come ad esempio lo sfruttamento della manodopera, la distruzione ambientale, gli allevamenti industriali, la sperimentazione sugli animali e le guerre per le risorse energetiche. Ho capito che erano tutti, in un modo o nell’altro, collegati al denaro. Ho deciso quindi di rinunciare ai soldi. Ho venduto la mia casa galleggiante a Bristol e ho lasciato il mio lavoro in una società di prodotti alimentari biologici".
Da ormai due anni, dunque, Mark Boyle vive in un caravan (messo a sua disposizione da Freecycle, gruppo di persone che si scambiano gratuitamente oggetti) parcheggiato in una fattoria alle porte di Bristol, dove lavora come volontario tre volte alla settimana.
Vegetariano già da sei anni, 'the no money man', come è stato soprannominato, si nutre ora delle piante che coltiva, produce elettricità con un pannello solare, ha un telefono cellulare che utilizza solo per ricevere chiamate ed un notebook che si alimenta ad energia solare.
"Ho fatto un elenco di tutto ciò che ho comprato e ho cercato di capire quali cose avrei potuto ottenere in altro modo". Ed ecco che Mark ha sostituito il tradizionale dentifricio con una miscela di ossi di seppia e semi di finocchio ed ha rimpiazzato il comune detersivo con un sapone ricavato bollendo frutta secca.
"Ho avuto un’infanzia normale. Penso che in un primo momento i miei genitori si siano chiesti cosa mai stessi facendo. Ma ora mi sostengono completamente e dicono che potrebbero provare anche loro".
Nel 2007 Boyle ha fondato la Freeconomy, comunità online che promuove la condivisione di abilità e proprietà e che ad oggi conta 17.000 iscritti. Ha anche pubblicato un libro, The Moneyless Man: A Year of Freeconomic Living.
Come ha dichiarato Mark Boyle, ad aver giocato un ruolo determinante per la svolta della sua vita è stata la visione di un video di Gandhi: "Mi ha insegnato una lezione enorme, di essere il cambiamento che volevo vedere nel mondo. Il problema era che non avevo idea di che cosa fosse quel cambiamento".
"Filosofare un pomeriggio con un mio amico ha cambiato tutto. Stavamo analizzando le questioni del mondo e mi sono reso conto che stavo guardando il mondo nello stesso modo in cui un medico occidentale osserva un paziente, osservando i sintomi senza pensare alla loro causa principale. Così ho deciso di diventare un omeopata sociale, un pro-attivista, e di indagare la causa principale di questi sintomi".
E ancora, dice Mark: "Una delle principali cause di quei sintomi è il fatto che non vediamo più le ripercussioni che i nostri acquisti hanno sulle persone, sull’ambiente e sugli animali. I gradi di separazione tra il consumatore e il consumo sono aumentati così tanto che siamo completamente all'oscuro dei livelli di distruzione e sofferenza determinati dalla roba che compriamo. Lo strumento che ha causato questa separazione è il denaro".
Quelle di Boyle sono dichiarazioni che fanno leva quindi su un cambiamento pratico: "Se coltivassimo da soli il nostro cibo non avremmo un terzo dei rifiuti che abbiamo oggi. Se noi stessi costruissimo i nostri tavoli e le nostre sedie, non li butteremmo via al momento di cambiare l’arredamento. Se dovessimo pulire la nostra acqua potabile, probabilmente non la contamineremmo. Quindi, essere il cambiamento che volevo vedere nel mondo, purtroppo, significava rinunciare ai soldi contanti, cosa che inizialmente ho deciso di fare per un anno”.
Eppure Mark adesso è talmente felice da voler proseguire su questa strada.
"Che cosa ho imparato? Che l’amicizia, non il denaro, è la sicurezza reale. Che la povertà più occidentale è di tipo spirituale. Che l’indipendenza è realmente interdipendenza. E che se non possiedi un televisore con schermo al plasma la gente pensa che sei un estremista.
La gente spesso mi chiede che cosa mi manca del mio vecchio mondo di profitto e affari. Stress. Traffico. Conti bancari. Bollette.
Beh, ogni tanto c’era la pinta di birra naturale con gli amici".
RIFERIMENTI
Maurizio Pittau-Economista. Autore di "Economie senza denaro. I sistemi di scambio non monetario nell'economia di mercato", Emi Edizioni, 2003
http://www.ilcambiamento.it/persone/mark_boyle_vivere_senza_soldi.html