Il Copyleft tutela la libera circolazione di informazioni. In principio nacque per salvaguardare la liberalizzazione del software, ma in seguito venne esteso ad altri campi come ad esempio l'editoria, grazie allo sviluppo di numerose licenze basate sui principi in esso racchiusi.

Simbolo ufficale del Copyleft

Simbolo ufficiale del Copyleft


L'espressione inglese copyleft è un gioco di parole su copyright in cui la seconda parola del composto, "right" (destra) è scambiata con "left" (sinistra). Individua un modello di gestione dei diritti d'autore basato su un sistema di licenze attraverso le quali l'autore (in quanto detentore originario dei diritti sull'opera) indica ai fruitori dell'opera che essa può essere utilizzata, diffusa e spesso anche modificata liberamente, pur nel rispetto di alcune condizioni essenziali. Nella versione pura e originaria del copyleft (cioè quella riferita all'ambito informatico) la condizione principale obbliga i fruitori dell'opera, nel caso vogliano distribuire l'opera modificata, a farlo sotto lo stesso regime giuridico (e generalmente sotto la stessa licenza). In questo modo, il regime di copyleft e tutto l'insieme di libertà da esso derivanti sono sempre garantiti.

Esempi di licenze copyleft per il software sono la GNU GPL e la GNU LGPL, per altri ambiti le licenze Creative Commons (più propriamente con la clausola share alike) oppure la stessa licenza GNU FDL usata per Wikipedia fino al 2009 (data del passaggio alla licenza Creative Commons).
Il concetto di copyleft nacque mentre Richard Stallman stava lavorando ad un programma informatico. La ditta Symbolics chiese di poter utilizzare il suo programma e Stallman accettò di fornire loro una versione di pubblico dominio della sua opera. Symbolics estese e migliorò il programma, ma quando Stallman volle accedere ai miglioramenti che Symbolics vi aveva apportato, non gli fu permesso. Così Stallman, nel 1984, iniziò a lavorare per sradicare questo tipo di comportamento, che chiamò “accaparramento del software” (in inglese software hoarding).
Dal momento che Stallman riteneva improbabile, a breve termine, eliminare le norme in materia di copyright e le ingiustizie che esse permettevano di compiere, decise di lavorare all'interno dell'ambito delle leggi vigenti e creò una sua propria licenza, la GNU General Public License (GNU GPL), la prima licenza di tipo copyleft. Per la prima volta il detentore del copyright poteva, se lo desiderava, assicurare che il massimo numero di diritti si trasferisse in maniera perpetua agli utenti del programma, a prescindere da quali modifiche sarebbero successivamente state apportate da chiunque al programma originale. Questo non garantiva diritti al pubblico in generale, solo a quelli che avevano già ricevuto il programma, ma era quanto di meglio si potesse fare con le leggi allora vigenti. Alla nuova licenza non era stata ancora data l'etichetta di licenza di tipo copyleft.
Il copyleft altro non è che una modalità di esercizio del diritto d'autore che sfrutta i principi di base dello stesso, non per controllare la circolazione dell'opera bensì per stabilirne un modello virtuoso di circolazione, che si contrappone al modello detto proprietario.

Una licenza basata sui principi del copyleft, tipicamente, garantisce a chiunque possegga una copia di un lavoro le stesse libertà del suo autore, tra le quali:
- Usarla a propria discrezione e di studiare quanto ottenuto;
- Copiarla e condividerla con altri;
- Modificarla;
- Ridistribuire i cambiamenti e i lavori derivati.

Tutte le persone che in qualche modo hanno contribuito al lavoro protetto dal copyleft devono divenire co-detentori del copyright di quel lavoro ed allo stesso tempo rinunciare ad alcuni dei diritti garantiti dal copyright, per esempio rinunciare al diritto di essere l'unico distributore delle copie di tale lavoro.
Molte licenze software open source, come quelle usate dai sistemi operativi BSD, l'X Window System e il web server Apache, non sono licenze copyleft in quanto non richiedono di distribuire le opere derivate con la stessa licenza. Esiste un dibattito in corso su quale classe di licenze fornisca un più ampio grado di libertà.
Il copyleft su un programma informatico è considerato più o meno forte a seconda del modo in cui si propaga nelle opere derivate. Con "copyleft debole" ci si riferisce alle licenze per cui non tutte le opere derivate ereditano la licenza copyleft, spesso a seconda del modo in cui sono derivate.
Queste sono generalmente utilizzate per la creazioni di librerie software, per permettere ad un altro software di linkarle e di essere redistribuito, senza la necessità di essere distribuito con la stessa licenza copyleft.
Copyleft "completo" e "parziale" fanno riferimento ad un altro aspetto: il copyleft completo si ha quando tutte le parti di un lavoro (eccetto la licenza stessa) possono essere modificate da autori successivi. Il copyleft parziale implica che alcune parti della creazione siano esenti dalla modifica illimitata, o in altro modo non completamente soggette a tutti i principi del copylefting, ad es., nelle creazioni artistiche il copyleft completo talvolta non è possibile o desiderabile.
Il copyleft ha ispirato anche le arti (in particolar modo laddove le nozioni tradizionali di proprietà intellettuale hanno dimostrato di danneggiare la creatività e/o la collaborazione creativa e/o una distribuzione semplice di quanto realizzato) con movimenti come la Libre Society e l'emergere di case discografiche open-source. Per esempio, la Free Art license è una licenza copyleft che può essere applicata a qualsiasi lavoro artistico.
La nozione di copyleft, per avere senso, richiede che sia possibile effettuare in qualche modo una copia gratuita e libera da particolari vincoli: è ad esempio difficile mettere in pratica il concetto di copyleft per quelle arti che sono caratterizzate dalla produzione di oggetti unici, che non possono essere copiati così come sono.
Le licenze copyleft per l'arte tengono conto di tali limitazioni, quindi differiscono dalle licenze copyleft per il software, ad esempio facendo una distinzione tra il lavoro iniziale e le copie e/o passando sopra alle nozioni che sono meno facili da mettere in pratica in modo oggettivo.

Le licenze Creative Commons vennero diffuse nel 2002 da un gruppo di giuristi di Stanford con lo scopo di riunire tutti i tipi di opere creative sotto un’unica licenza traducibile nei diversi ordinamenti di giuridici dei vari Paesi. Le Creative Commons Public Licenses offrono al titolare dei diritti d’autore la possibilità di segnalare in maniera aperta e chiara che la riproduzione, la diffusione e la circolazione della propria opera è esplicitamente permessa. In questo modo parte dei diritti dell’autore vengono concessi a qualsiasi fruitore dell’opera. La particolarità di queste licenze sta nella loro flessibilità, esse, infatti, possono essere accompagnate da alcune opzioni che specificano ancora meglio le volontà dell’autore. Strutturalmente sono state divise in due parti: nella prima vengono esposte le libertà che l’autore vuole concedere, mentre nella seconda vengono chiarite le condizioni con le quali è possibile utilizzare l’opera.

Tali condizioni sono:
- Attribuzione, questa clausola è presente in tutte le licenze, obbliga ad indicare sempre e comunque la paternità dell’opera
- No opere derivate, nel caso in cui l’autore non permetta la modifica dell’opera;
- Non commerciale, quando l’autore ne impedisce la vendita;
- Condividi allo stesso modo, basata sul principio del Copyleft, impone che le eventuali copie vengano ridistribuite con le stesse condizioni dell’opera originale.

La combinazione di queste quattro opzioni è alla base delle sei licenze Creative Commons; queste, inoltre, possono presentarsi in tre forme diverse.
- Legal code: è il corpo vero e proprio della licenza, lungo e denso di concetti giuridici di difficile comprensione.
- Commons deed: vi sono riassunti i concetti essenziali delle licenze in modo semplice e sintetico.
- Digital code: è la traduzione in linguaggio informatico delle licenze, tali informazioni digitali permettono ai motori di ricerca di individuare e riconoscere velocemente e senza errore l’opera che li contiene.

Idee simili al copyleft vengono sempre più spesso suggerite per i brevetti, ma con scarso successo, forse in parte perché i brevetti sono relativamente costosi da ottenere, mentre il copyright è gratuito.
Nuovi modelli di business possono avvantaggiarsi delle particolarità dei lavori copyleft, ad esempio permettendo a programmatori volontari e a organizzazioni di sentirsi coinvolti e contribuire allo sviluppo; inoltre, il "far parte della comunità" aiuta a mantenere l'idea che ci si "possa fidare" di un'opera anche molto complessa, la cui creazione viene divisa e verificata dalla comunità nel suo complesso.
A livello artistico il concetto di "creare un servizio commerciale basato su una creazione copyleft" è se possibile ancora più difficile da mettere in pratica che nello sviluppo del software. Varie idee circolano in rete, anche ad opera della Electronic Frontier Foundation, in particolare per la distribuzione di opere d'ingegno facilmente distribuibili mediante reti P2P (come ad esempio file musicali).


RIFERIMENTI
http://it.wikipedia.org/wiki/Copyleft
http://www.copyleft-italia.it/