La speculazione sui prodotti alimentari è una delle principali cause dell'aumento e della volatilità dei prezzi del cibo. Per speculazione sui prodotti alimentari si intende l'aumento del volume di scambi delle materie prime sui mercati "a termine" tramite i futures. In poche parole i futures sono strumenti finanziari coi quali si stabilisce "oggi" a quale prezzo comprare "domani" un certo bene alimentare. Sono contratti derivati sempre più spesso non agganciati a un bene o un'attività reale, ma al mero andamento di un indice, che vengono generalmente rescissi prima della scadenza senza scambio di merce.
Questo problema è iniziato negli anni '90 quando la deregolamentazione degli strumenti finanziari ha permesso l'ingresso della speculazione nelle Borse in cui si trattano titoli legati ai beni alimentari. Così grandi Banche (come Barclays e Goldman Sachs) attraverso i fondi di investimento e i fondi pensionistici hanno iniziato a investire negli alimenti con l'unico obiettivo di ottenere miglior rendimento.
Oggi il cibo viene scambiato come moneta dappertutto e a partire dal 2008 la "bolla" speculativa ha cominciato a dilatarsi, dato che i mercati delle materie prime agricole sono ormai considerati come assai redditizi dagli speculatori. Si provocano così regolarmente dei picchi dei prezzi alimentari quali quelli che si sono osservati nel 2008, 2010 e 2012.
Dal 2006 ad oggi, a parità di potere d'acquisto, i prezzi sono aumentati del 50%, con picchi, nel 2008 e 2010, di quasi il 70%. Queste violente fluttuazioni dei prezzi colpiscono severamente le famiglie più povere dei Paesi del Sud del mondo, che possono impegnare più del 75% del loro bilancio nell'alimentazione. La Banca Mondiale nel 2011 ha calcolato che 44 milioni di persone sono finite in povertà come conseguenza dell'aumento dei prezzi dei beni alimentari.
Si evidenzia come la situazione attuale sui generi alimentari, quasi completamente ignorata dai media, non sia più sostenibile. Eppure le operazioni finanziarie legate ai generi alimentari rimangono delle scommesse giocate sulle materie prime che permettono notevoli profitti.
Il ruolo delle banche dà il via libera alle azioni speculative. Alcune realtà specializzate hanno da qualche tempo mosso pesanti critiche al sistema bancario perché arginasse la situazione.
In Inghilterra è stato particolarmente incisivo l'invito della rivista The Ecologist ai correntisti della Barclays di intimare alla loro banca di cessare le speculazioni pena la chiusura del loro conto, mentre in Francia ha avuto successo un rapporto di Oxfam France sulle attività speculative di Bnp Paribas. Infatti qualche mese fa (febbraio 2013) i due colossi bancari, Barclays e Bnp Paribas, hanno annunciato il ridimensionamento delle loro attività in questo settore. La prima ha deciso di smettere di negoziare i futures sul grano e la soia a fini speculativi, mentre la seconda ha deciso di sospendere il Parvest world agriculture fund, che gestisce 160 milioni di euro e che ha nel suo paniere molti prodotti alimentari..
Sono però dei passi ancora troppo piccoli per arginare il problema.
Altri casi simili hanno interessato banche come Deutsch Bank in Germania, Credit Agricole in Francia, Volksbanken in Austria, Calstrs negli Usa.
In Italia invece il dibattito è ancora molto carente. Eppure anche alla Borsa di Milano sono quotati gli ETC (Exchanged Traded Commodities), strumenti finanziari pensati per permettere anche ai piccoli risparmiatori di accedere ai mercati delle materie prime.
La campagna "Sulla fame non si specula", promossa da alcuna realtà ed economisti milanesi (tra gli altri Vita, Action Aid, Acli, Altromercato, Unimondo), prova a spiegare anche a chi non ha dimestichezza con il mondo dell'economia e della finanza come funziona la speculazione sul cibo e che cosa si può fare per combatterla.
Ma quali sono oggi le proposte per affrontare questo problema?
Se la società civile e le ong sono molto attive su queste tematiche, purtroppo tra gli economisti non c'è affatto accordo sul perché siano aumentati i prezzi degli alimenti e quindi su come si possa invertire la tendenza. Solo alcuni vedono nella speculazione dei beni alimentari la causa dell'aumento dei prezzi del cibo e suggeriscono di porre dei "limiti di posizione": un determinato operatore finanziario non può detenere più di un certo numero di derivati o futures.
A livello istituzionale si registrano dei tentativi di riforma negli Usa grazie al "Consumer Protection Act" e alla Commissione europea che sta esaminando la proposta Barnier a favore di un miglioramento della trasparenza e affidabilità dei prodotti derivati sulle materie prime.
Sembra allora che l'ondata di cambiamento che molte campagne in tutto il mondo si augurano sia destinata ad essere rimandata. Eppure i problemi legati alla speculazione favorito dagli istituti bancari sui generi alimentari sono molti e di diversa specie. L'approfittarsi dei cambiamenti dei prezzi del cibo ha portato anche ad attività speculative sulle compravendite delle terre, in maniera tale da creare dei movimenti di accaparramento delle terre o land grabbing.
Finché non si riuscirà a limitare l'azione speculativa sui beni di primaria importanza, l'aumento dei prezzi del cibo diventerà insostenibile per quote sempre maggiori della popolazione mondiale.
RIFERIMENTI
http://www.ilpost.it/2012/12/01/la-speculazione-e-laumento-dei-prezzi-del-cibo/
http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=3000&fromHP=1