Il 4 agosto scorso il governo ha approvato un decreto che introdurrà, dal 2011, la cedolare secca del 20% sugli affitti. Si tratta di un passaggio di tassazione dal sistema progressivo a quello fisso sui proventi derivati dagli affitti. La conseguenza ovvia è che più i redditi dei proprietari di case sono alti e meno tasse pagheranno.
Il modo di affrontare il problema casa da parte di questo governo è sempre lo stesso; la casa non è un diritto, un bisogno che una società civile deve soddisfare. No, la casa è considerata una merce, un investimento che deve rendere. I primi commenti dei giornali infatti hanno considerato che questa tassazione di favore non ridurrà gli alti canoni che le famiglie non riescono più a pagare, come confermato dalla continua crescita degli sfratti per morosità, ma semplicemente renderà nuovamente appetibile, per chi ha tanti soldi disponibili, l’investimento in alloggi da affittare, rendendolo concorrenziale, anzi più vantaggioso che l’investimento in titoli di stato.
Non viene fatto nemmeno un timido tentativo di utilizzare lo strumento della tassazione per fare incontrare il forte bisogno di alloggi in affitto a canoni compatibili con le tante case vuote che ci sono in Italia. Anzi se fino ad oggi il fisco agevolava i contratti di locazione “concordati”, definiti con accordi sindacali tra le parti (sindacati inquilini e sindacati proprietari), che stabilivano regole chiare e canoni mediamente più bassi, con questo decreto non si distingue più: tutti i contratti avranno lo stesso regime fiscale vanificando lo sforzo fatto per incrementare i contratti di locazione a canoni inferiori.
In Piemonte molti comuni, a partire da Torino, anche grazie a finanziamenti della precedente giunta regionale, hanno attivato politiche di incentivazione nei confronti di proprietari di case che utilizzavano i contratti concordati, lo hanno fatto per utilizzare almeno una parte degli alloggi privati vuoti che esistono e in questo modo risolvere alcuni casi di famiglie con il bisogno di trovare una casa in affitto. Anche queste politiche saranno inutili se entrerà in vigore il decreto perché i proprietari non saranno più incentivati a utilizzare questo tipo di contratti.
Vantaggi per gli inquilini poi non sono proprio considerati. Anzi, i tagli della recente manovra economica andranno a colpire anche il fondo di sostegno per gli affitti. Il contributo, che viene erogato agli inquilini in difficoltà nel pagamento del canone a causa della forte incidenza tra l’affitto e i loro redditi, nel 2011 scenderà all’irrisoria somma di 98 milioni di euro, il fabbisogno stimato è di 500 milioni di euro.
Le proposte del SICET erano e sono che la cedolare secca si applichi solo sui contratti concordati, incentivandoli maggiormente e introducendo anche per gli affitti le detrazioni dalle tasse del 19% così come è previsto per i mutui per l’acquisto della prima casa, in questo modo verrebbe introdotto un salutare contrasto di interessi favorirebbe l’emersione del pagamento in nero degli affitti, pratica molto diffusa.
Una modifica del trattamento fiscale sulle locazioni sarebbe sicuramente più efficace in un disegno di riforma complessiva della legge 431/98 che regola la materia.
Questa richiesta di modifica è avanzata da anni, questo governo conferma con questo ultimo decreto quale è la parte di popolazione che vuole tutelare, anzi arricchire, e non si tratta della povera gente.
Baratta Giovanni